Topinambur, bello e soprattutto buono

Fiori di topinambur selvatico

“Pedalando lungo la ciclabile tra Trento e Rovereto ho visto delle intere aree fiorite di una pianta alta con tanti fiori simili a margherite. Di che pianta si tratta? Un amico mi ha detto che le sue radici si possono mangiare”.

Elena (Trento)

La pianta si chiama Topinambur, appartenente alla famiglia delle Compositae. è però il topinambur selvatico. Il topinambur coltivato è invece l’Eliantuhus tuberosus, detto anche tartufo di canna. è pianta coltivata nell’orto. Se ne consumano i tuberi di forma irregolare, bitorzoluta con epidermide di colore rosso violaceo o rosa e con polpa giallognola. è una pianta vivace, rustica e molto resistente ai freddi; emette fusti annuali eretti che, ramificati alla base e provvisti di foglie alternate, ovali e appuntite, ricoperte di peluria dura, possono raggiungere l’altezza di due metri o più.

I fiori giallo-oro hanno la dimensione di grandi margherite portate sulla cima di grandi steli. Il topinambur si distingue da altre piante simili (come quella che ha notato la lettrice) che crescono su suoli aridi o limosi in quanto queste portano al posto dei tuberi delle grosse radici rizomatose non commestibili ed i petali sono privi della caratteristica macchia nera.

Originario del Canada e dell’America settentrionale è apprezzato sia per la bontà dei tuberi, sia per la bellezza delle sue fioriture che possono creare vere e proprie aree fiorite.

Si coltiva per la squisitezza dei tuberi che sono ricchi di insulina e quindi molto consigliati in una sana dieta diabetica.

Si consumano lessati, trifolati, fritti o confezionati. Si trovano nei mercati rionali o nei supermercati. Il sapore è tipico del carciofo. I tuberi sono sostanziosi e molti appetiti. Conviene raccoglierli a inizio inverno prima del gelo e conservarli stratificati in sabbia. Le varietà più diffuse sono la “Comune” a tuberi difformi e dal colore rosso-violaceo e la “Fuso” a tuberi più piccoli, fusiformi e di colore rosato. I tuberi devono essere sempre integri, privi di residui terrosi, freschi.

In Trentino viene anche chiamato “Pataciofo” per via del sapore di carciofo e la sua utilità è paragonabile a quella della patata.

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